Spleengate

mercoledì 4 dicembre 2019

È tutta colpa nostra

IL GIARDINO DI LILITH



Lilith è Donna. È un aspetto -o più- del nostro carattere. È irrivirenza verso un sistema che deve cambiare.
Ma chi è Lilith esattamente?
È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.
Alla fine dell'
Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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È tutta colpa nostra
" Femminismo: atteggiamento - convinzione - movimento politico, culturale e sociale, che sostiene la parità politica, sociale ed economica tra i sessi. [...] "

Ironico dover ricordare ancora la definizione stessa di femminismo. Eppure appare quanto più necessario se frasi come "io non sono femminista: voglio la parità dei sessi, non la superiorità della donna" sono all'ordine del giorno, soprattutto tra le donne.
Come appare ancor oggi essenziale ribadire la necessità dell'esistenza del movimento, con forza sempre maggiore.
Nonostante i femminicidi in aumento, gli stupri e le violenze quotidiane; le offese, le differenze salariali e sociali; i giudizi e pregiudizi, le discussioni ancora aperte su diritti come l'aborto; l'assenza di provvedimenti concreti per agevolare la maternità in un periodo storico che vede entrambi i genitori sostenitori dell'economia famigliare... V'è ancora chi sostiene che la parità sia stata raggiunta.
Ma v'è anche chi, con quella ragione che si concede solo agli stolti, ne chiede l'estinzione, additando il femminismo di un'aggressività che parrebbe lontana dalla femminilità. Un'ira che, a detta di questi, sarebbe persino la causa di una perdita di virilità nel genere maschile. Non un aumento dell'empatia, della parità dei generi in rapporto all'apparire ed al sentire. No: la donna si sta trasformando in un essere crudele e lussurioso, mentre l'uomo sta diventando una femminuccia isterica.

È tutta colpa di noi femministe se il mondo sta andando a rotoli. È colpa nostra, che un giorno ci siamo svegliate dal torpore domestico e abbiamo deciso di ribaltare la nostra "natura".
D'altronde, noi siamo nate
con una propensione all'ordine e alla pulizia, all'attenzione per la casa, per la cura e l'accudimento. Altrimenti come spiegare generazioni di donne e madri soddisfatte nel loro ruolo?
Perché di ruolo si tratta: abbiamo ottenuto i doveri, quelli lavorativi, tralasciando i diritti di una divisione reale dei compiti domestici e di educazione dei figli. E sono le stesse madri e nonne a perpetrare il bisogno di una simile condizione, per paura e protezione, in una società che giudica sprezzante la contemplazione di una vita diversa. "Gli uomini vanno presi a letto e in cucina"; "non dargliela al primo appuntamento o scappa"; "una donna senza figli non è una donna realizzata"; "gli uomini non ci arrivano, devi farlo tu".
Intendiamoci, fare la madre e la casalinga è un bellissimo lavoro se è ciò che si desidera; non deve però diventare costrizione perpetua e assoggettabile a qualsiasi esponente del sesso femminile. Non deve nemmeno negare la stessa possibilità all'uomo, che spesso non ha le medesime attenzioni e non si pone gli stessi problemi della donna non per questioni biologiche, ma per abitudine e a causa del sistema educativo.
Il femminismo non sta rendendo l'uomo una "femminuccia". Lo sta rendendo partecipe di una realtà monopolizzata dalle donne e senza il consenso totale di queste ultime. Perché il femminismo non è solo una lotta per i diritti delle donne: è una lotta contro le discriminazioni di genere. È una battaglia anche per quegli uomini che sentono di volere opportunità loro precluse completamente fino a qualche anno fa.
Il rovescio della medaglia del maschilismo, del sistema partiarcale, è infatti una rappresentazione negativa dell'uomo -di sesso maschile- in quanto animale. Stupido e pigro, incapace di avere accortezze elementari nel focolaio domestico. Succube dei suoi istinti primari, non minimamente in grado di controllarsi ed avere ragionamenti compiuti una volta attivato il bisogno sessuale. Un animale che può diventare violento, perché privo di intelligenza emotiva e preda di sentimenti incontrollabili come la gelosia o la rabbia. Un genitore di serie B, presente solo parzialmente nella vita dei suoi figli in caso di separazione e non solo, anche se in alcuni casi è stato più presente: ma, per il comune pensiero, non è il suo ruolo; è "meno propenso".
Una rappresentazione molto lontana dalla realtà per (fortunatamente) la maggioranza degli uomini. Una generalizzazione ed esasperazione frutto della violenza di pochi e della definizione limitante delle caratteristiche di genere.
Forse, se smettissimo di legare il Femminismo ad una rivendicazione unicamente femminile, ad una lotta per la supremazia ed il comando di una delle due parti.
Se la finissimo di legare i generi a degli schemi compiuti, solo perché più semplice.
Se ammettessimo l'esigenza di un repentino cambiamento di direzione sociale e culturale anzitutto...
Forse, potremmo cominciare a vivere non secondo dei ruoli impostati per mere questioni di religione e sopravvivenza in epoche ormai distanti anni luce, bensì seguendo il nostro bisogno di felicità. Che, badate bene, è ben lungi dall'essere controllato da un organo sessuale.
 (Articolo pubblicato primariamente sulla rubrica omonima di AostaCronaca)

Isabella Rosa Pivot

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