Spleengate

mercoledì 29 aprile 2020

IL GIARDINO DI LILITH: Essere Donne ai tempi del Covid19

Lilith è Donna. È un aspetto - o più - del nostro carattere. È irriverenza verso un sistema che deve cambiare


Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Essere Donne ai tempi del Covid19
Questo periodo di quarantena forzata ha messo ancor più in evidenza la disparità di genere che pervade l’Italia.
Se durante le interviste televisive ai Dottori, ci si limita a cercare risposte per questo nemico invisibile che ci sta invadendo, alle Dottoresse viene anche chiesto come riescono a gestire la vita familiare e il rapporto con i figli in generale.
Se l’infermiere viene semplicemente lodato per il suo contributo, l’infermiera riceve spesso insulti perché ha deciso di trascorrere giorni e giorni lontana dai figli per curare i malati e non contagiare la sua famiglia.
Se il Governo annuncia la chiusura fino a settembre delle scuole, pare automatico pensare che debba essere la donna a rinunciare al suo lavoro per tenere i bambini.
Se l’aborto viene negato o vi sono violenze domestiche, il silenzio regna sovrano; ma se qualche politico condivide un’idea complottista, il web si solleva più indignato che mai.
La verità è che, a differenza degli altri paesi europei, siamo indietro: tanto e in tutto.
Non solo nella garanzia dei diritti, ma ancor più nella mentalità sociale e nel nostro pensiero in generale.
Insistiamo nel relegare la donna al solo ruolo di moglie e madre, talvolta senza neanche una reale coscienza, ma per semplice abitudine. Al Tg nazionale hanno intervistato un Virologo di grande importanza: era donna ed è venuto spontaneo chiederle come facesse a badare ai suoi tre figli e a vedere suo marito in questa situazione così preoccupante. E lei, senza troppo pensarci, non ha ridicolizzato la domanda o spiegato che suo marito è un essere senziente quanto lei… Si è limitata a sottolineare quanto sia difficile: perché, in effetti, non è arduo pensare che il carico familiare resti comunque quasi tutto sulle sue spalle. Dal lato degli spettatori, in pochissimi hanno notato la discrepanza con le interviste fatte ai suoi colleghi e, un gruppo ancor più ristretto, si è indignato per questa evidente disparità.
Perché è NORMALE. Per l’Italia, paese nel quale la famiglia resta ancora una questione prettamente femminile, è giusto così. La donna è prima moglie e madre; se le avanzerà del tempo, potrà riuscire in altro, sempre che ciò non intacchi o non crei intralci ai suoi due ruoli primari.
Viene dato l’annuncio che le scuole resteranno chiuse fino a settembre: ecco un corteo virtuale di donne  offese e arrabbiate, pronte a protestare perché non sanno a chi lasciare i loro figli, una volta tornate al lavoro.
Ma il punto dovrebbe essere un altro: dovrebbe indignarsi la stessa quantità di uomini e scagliarsi contro una scelta che si ritiene ingiusta, perché costringe UNO dei DUE GENITORI a casa. Non è scritto da nessuna parte che sia la donna a dover rinunciare al suo diritto al lavoro, eppure è parso automatico alla maggioranza della popolazione.
D’altronde, siamo il paese con più casalinghe di tutta Europa, mentre nella maggior parte degli altri stati il carico familiare è diviso equamente in modo da permettere ad entrambi di provvedere anche alle questioni economiche.
Il vero nemico non è la scelta di tener chiuse le scuole, posizione governativa che andrebbe comunque valutata con più attenzione, vista la situazione già precaria e di forte crisi. La battaglia da mandare avanti dovrebbe essere quella di eliminare quest’automatismo DONNA – CASA, questa limitazione di pensiero che appartiene alle donne stesse e che è frutto di cultura, abitudine e troppi interessi celati.
Se essere donne in Italia rende tutto più faticoso, essere donne in Italia ai tempi del Covid19 rende tutto quasi impossibile.
Alle problematiche comuni a tutti i cittadini (precarietà, difficoltà economiche, incertezza, salute, reclusione forzata), se ne aggiungono di ulteriori ed estenuanti.
Addio al diritto all’aborto, via libera a violenze e soprusi: i controlli e gli aiuti sono pochi e da casa non ci si può muovere; carico familiare raddoppiato e spesso comunque non condiviso; svalutazione delle competenze; difficoltà di gestione casa-lavoro.
Dobbiamo smetterla di tacere e considerare normale ciò che non lo è. Dobbiamo finirla, noi donne in primis, di condividere ed alimentare un pensiero che va acontro i nostri interessi e ci rende succubi del sistema.
Non siamo solo mogli e madri, non siamo oggetti né tantomeno costrette a restare delle vittime.
Siamo un ingranaggio essenziale di un sistema che deve iniziare a funzionare con più rapidità ed efficienza e che, senza di noi, non potrebbe nemmeno accendersi.
Siamo anche lavoratrici: dottori, artigiani, commercianti. Siamo libere.
Siamo prima di tutto Donne e abbiamo dei diritti, non solo doveri a senso unico.
(Originariamente pubblicato su: www.valledaostaglocal.it)

Isabella Rosa Pivot

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