Spleengate

giovedì 20 febbraio 2020

IL GIARDINO DI LILITH: Anche gli uomini hanno un cervello






Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Ebbene sì.
Potrebbe apparirci assurdo, dopo almeno un secolo di svalutazione delle facoltà mentali maschili a favore di quelle sessuali, di frasi come “gli uomini ragionano con il pene” e “non si sanno controllare”; ma la verità è che hanno anche loro un cervello funzionante quanto il nostro (o, perlomeno, ciò è valido per la maggior parte della popolazione, sia maschile che femminile).
L’ironia della questione sta non tanto nel ritenere simili concetti come assodati, bensì nel valutarli punti di forza, oppure piccole debolezze da accettare con un sorriso, o ancora una scusante automatica per gli errori. Insomma, in primis gli uomini difendono la loro presunta carenza neuronale, a vantaggio di più libertà e meno giudizio. Sono felici di essere sminuiti e regrediti al livello di una scimmia e non vorrebbero di certo fare a cambio con la controparte femminile, ritenuta più acuta ma al contempo responsabile delle proprie azioni.
“La donna è più intelligente, è il vero traino della società” è una delle frasi tipiche del maschio <<finto femminista>>, convinto di fare un complimento e dissetare gli animi aridi delle donne insoddisfatte dei propri diritti. Invece, anche se spesso inconsciamente, sta alimentando uno dei più grandi alibi portati a discolpa dei reati maschili: “non si è trattenuto”, “ha perso la testa”, “la passione lo ha travolto”, “lei lo ha istigato”. Parliamoci chiaro: il pene non ha connessioni neuronali.
L’uomo che tradisce la moglie non è stato guidato da un istinto che perdura per giorni. Un esempio? Vedendo una bella fanciulla, non si è calato i pantaloni e ha illogicamente sbattuto i fianchi contro il muro, in preda a un’epilessia sessuale, giusto?! L’ha commentata con gli amici, ha bevuto delle birre, ha studiato come conoscerla. Ha lavorato, ha giocato con i bambini, è andato in palestra nei giorni in cui le scriveva. E se il suo organo sessuale fosse anche in grado di gestire simili attività, sarebbe da considerarsi una mente funzionale di tutto rispetto. I momenti di passione, la perdita di concezione del rischio e/o delle conseguenze, possono capitare ad entrambi i sessi. Se la donna se ne assume la responsabilità, non vi è motivo alcuno per il quale all’uomo debba essere invece concessa l’infermità mentale al processo delle relazioni.
Questo è lo stesso ragionamento che porta ad assolvere gli stupratori, a giustificare gli uomini violenti, a perdonare un femminicidio: l’istinto è predominante nell’uomo, la ragione è questione femminile… Diamo il via libera, con un simile preconcetto, a qualsiasi tipo di violenza. Questo, però, non è il solo motivo per cui, quella che pare una banale e divertente “verità” tramandata, nasconde in realtà pericolose conseguenze. Affermare che “l’uomo ragiona con i genitali” è davvero svilente. Gli uomini non sono animali, gestiti dalle pulsioni e dagli istinti.
Hanno una mente e delle capacità straordinarie e banalizzare i più per la poca voglia di assumersi la responsabilità, o per l’aggressività e la limitatezza di pochi, ha ben poco senso ed è palesemente ingiusto.
Smettiamo di fare questa considerazione alla stregua di una battuta, di continuare ad abituarci verbalmente ad una situazione illusoria e che era comoda per una società che non è più la nostra. Impariamo a fare più attenzione agli insegnamenti, ai proverbi e alle abitudini che assumiamo: non releghiamoci al ruolo di primati. 

(Pubblicato su valledaostaglocal.it)

Isabella Rosa Pivot


venerdì 31 gennaio 2020

IL GIARDINO DI LILITH: Le donne vanno “interpretate”. No, vanno solo ascoltate

Lilith è Donna. È un aspetto - o più - del nostro carattere. È irriverenza verso un sistema che deve cambiare



Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Le donne vanno “interpretate”. No, vanno solo ascoltate
Come promesso nel mio ultimo articolo, “Uomini che non accettano il No”, affronterò oggi uno dei più grandi stereotipi che circondano la figura femminile: la necessaria interpretabilità delle parole di una donna. 
Argomento spesso trattato con ironia, banalizzato e persino fatto proprio da alcune donne, da quanto viene sistematicamente riproposto: “se una donna dice NO, significa FORSE”.
Vi ricorda forse qualche Meme, detto popolare, o video sui social?
Ebbene, immaginatene l’applicazione e le crude conseguenze. Provate a pensare ad un uomo cresciuto con una simile convinzione: prenderà sul serio il rifiuto di una donna o insisterà, convinto che sia una modo per farsi desiderare? Non è forse questa l’anticamera della violenza? Vi siete dati sicuramente una risposta.
Il permesso, il consenso, passano dal linguaggio verbale: un linguaggio non verbale può essere frainteso, un “NO” non dovrebbe MAI esserlo.
Eppure è ciò che accade quotidianamente. Le parole di una donna vengono spesso sottovalutate, considerate complesse e ben poco dirette, banalizzate con la semplice scusa dell’andamento ormonale.
Le donne in primis si prendono poco sul serio e invalidano le proprie stesse scelte, perché convinte fin da piccole che i loro ragionamenti sono troppo intricati. Poniamoci però ora due domande: “Sono io ad essere troppo complessa, o la controparte maschile è stata educata a ragionare in base a schemi più semplicistici dei miei, tanto da non riuscire a capirmi?”; e altresì: “la mia risposta è complicata, oppure non sono in grado di esprimerla in modo più diretto perché mi hanno insegnato che non sono a conoscenza del mio reale volere?”.
Perché, purtroppo, bisogna prendere atto anche dell’altro lato della medaglia ed ammettere che spesso noi donne non abbiamo un’autostima sufficiente, al pari del genere maschile. Vuoi per educazione, influenza mediatica, retaggio o difficoltà delle opzioni sociali a nostra disposizione, siamo state abituate a un’insicurezza cronica. A una frustrazione di base da un lato e, dall’altro a un’aggressività che scaturisce da quella stessa frustrazione. Viviamo spesso in un limbo bipolare, che ci porta a dubbi costanti sulle nostre scelte, frequentemente in funzione di un giudizio che ci vincola moralmente più di quello per noi stesse.
Il punto è questo: qualsiasi sia il rifiuto che non viene rispettato come tale, diventa un supporto in più alla violenza di genere. Non esistono NO di minor valore.
L’ascolto, la comprensione e l’accettazione sono necessarie pretese.
Ogni situazione fraintesa che viene lasciata passare è come un mozzicone di sigaretta: lo gettiamo a terra pensando che uno in più non faccia la differenza. Ed invece è l’ennesimo mozzicone che inquina. Un pezzo in più nella montagna di spazzatura che sta avvelenando centinaia di donne e che potrebbe colpire anche la nostra, di salute.
L’educazione degli altri avviene prima di tutto attraverso i nostri comportamenti ed il cambiamento di noi stessi. Solo migliorandoci prima, diventando un esempio per altri poi, possiamo sperare in un reale cambiamento di rotta.
Cominciamo a pretendere rispetto per le nostre idee e le nostre scelte. Al contempo, iniziamo a combattere le stigmatizzazioni che hanno guidato la nostra crescita di donne, acquisendo maggior consapevolezza di noi stesse ed autostima.
All’essere umano in generale capita d’essere indeciso; di cambiare idea e opinione maturando; di avere il morale a terra.
Non è un’esclusiva femminile che caratterizza il nostro, di genere.
Non siamo COMPLICATE, ROMPI-SCATOLE e nemmeno VOLUBILI.
Siamo DECISE, CONSAPEVOLI di ciò che ci fa stare bene e, soprattutto, LIBERE.

Isabella Rosa Pivot




venerdì 17 gennaio 2020

Il Giardino di Lilith: Uomini che non accettano il No

Lilith è Donna. È un aspetto - o più - del nostro carattere. È irriverenza verso un sistema che deve cambiare








Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Uomini che non accettano il NO
Tra i tanti stereotipi legati alla comunicazione uomo-donna, vi è quello sulla necessaria interpretazione delle affermazioni e negazioni femminili: ciò che dice la donna non significa necessariamente ciò che intende realmente dire. 

È da questo assunto, errato quanto radicato nel comune pensiero, che l’uomo tramuta l’insistenza in necessaria e caratterizzante il flirt: il rifiuto di lei potrebbe nascondere, in realtà, un interesse che non può manifestare; vuoi perché impegnata, per il giudizio negativo che pensa ne potrebbe conseguire, o perché le piace “farsi desiderare”.
I motivi e la sostenibilità di questa dannosa credenza nei riguardi della comunicazione femminile sarà argomento del prossimo articolo. Oggi vorrei, invece, definire una volta per tutte l’inviolabilità dei “NO” della donna: l’insistenza maschile non è sempre e solo motivo di desiderio e dunque di un nostro relativo e automatico orgoglio; anzi, la maggior parte delle volte può risultare offensivo e persino creare timore, insicurezza ed ansia.
Proprio l’altro giorno, mi è capitato un uomo incapace di considerare il mio rifiuto come valido. Mi scriveva da giorni nella chat di un social: continuava a mandarmi messaggi e inviti, nonostante io non rispondessi mai. Spesso non aprivo nemmeno la conversazione. All’ennesimo messaggio, stufa e comunque desiderosa di mantenere toni educati, con poca voglia di “bloccare” senza motivo una persona da un social, gli ho risposto: “Grazie *** dell’invito, ne sono onorata. Mi dispiace, però, non sono interessata”.
Già il mio silenzio avrebbe dovuto lasciare intendere il mio totale disinteresse ad avere un contatto con quella persona [e sì, non siamo tenute a considerare chiunque: non siamo un centro informazioni ed il nostro tempo ha valore. La selezione è un diritto discrezionale]. Invece, non era stato per nulla sufficiente, come non lo fu nemmeno la risposta. Il suo silenzio durò infatti poche ore e mi rinviò un ulteriore messaggio la sera stessa: “Ci vediamo stasera”. Non era una domanda, ma un’affermazione.
La sua insistenza mi aveva fatta ovviamente irrigidire. Provavo disagio, fastidio e persino rabbia: sono stata chiara e pretendevo di essere presa sul serio come meritavo.
- “No: non sono interessata. Ho altri impegni.”
- “Dipende da te, bella signorina”
- “Esattamente: dipende da me e non ho interesse nei tuoi confronti”
Ha ovviamente continuato, poiché il rifiuto sminuiva probabilmente la sua virilità. Oppure riteneva le mie parole poco valide. O, ancora, perché puntava sullo sfinimento. L’ho bloccato e, ai suoi occhi come a quelli di tanti altri, sono probabilmente diventata una donna acida.
“Dovresti essere felice se ti considerano”: quante volte abbiamo sentito questa assurda critica, a seguire le nostre lamentele nei riguardi dell’accanimento maschile?
Ma prima di considerare “acida” una donna, prima di dare per scontato che apprezzamenti e inviti siano per forza graditi, soffermatevi a chiedere se la quantità di richieste [ahimè i tentativi a percentuale sono 
metodo frequente di rimorchio sui social] è elevata, persistente e fastidiosa; se le persone in questione non cadono spesso nella pressione e nello stalking, a forza di insistere. Ad un certo punto, si è costretti a diventare secchi, taglienti e anche offensivi.
L’esempio sopra descritto è un caso banale e piccolo, di ben poca rilevanza. Le situazioni in cui l’assenza di valore reale dei “NO” femminili diventano pericolosi sono altri e, ahimè, molteplici.
Pensiamo al rifiuto di voler iniziare un rapporto sessuale che si tramuta in violenza. È dalle abitudini quotidiane, dai pensieri comuni e dai piccoli gesti che si creano, però, le basi di quel ragionamento che “giustifica” poi le problematiche più gravi e serie.
Non dobbiamo dare poco rilievo a casi come quello che ho riportato: il nostro “no” non ha meno peso se la situazione non comporta rischio immediato o certo.
Difenderne il valore insegna a mantenerne intatte le conseguenze necessarie.
Uomini! L’appello è diretto a voi questa volta.
Smettetela di considerare le nostre risposte filtrate e non coerenti con il nostro pensiero. Finitela di legare l’insistenza alla virilità, ad un apprezzamento che deve per forza essere gradito.
Un nostro rifiuto non vi toglie valore, né lo definisce: non siete “meno” se una donna non è interessata a voi o decide di non proseguire un qualsiasi rapporto.

Isabella Rosa Pivot



domenica 12 gennaio 2020

IL GIARDINO DI LILITH: MA FAMMI IL PIACERE

Lilith è Donna. È un aspetto - o più - del nostro carattere. È irriverenza verso un sistema che deve cambiare








Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Uomini egocentrici a letto 

È capitato a tutti un rapporto sessuale pessimo.  Nella dimensione etero, un uomo sarà più propenso a definirlo tale se la sua partner è stata immobile, ben  poco disinibita e "passionale".  Una donna definisce un pessimo rapporto quello con un uomo non interessato a darle piacere, tendente  all'egocentrismo. 

Difficilmente, entrambi, giudicheranno così male un partner maldestro se questi ha avuto comunque una  buona iniziativa. Il voto finale negativo sarà invece scandito dall'assenza di entusiasmo e dall'incapacità  della persona di farci sentire desiderati, con le opportune differenze, sia da parte dell'uomo che della  donna.

La sostanziale divergenza tra i due non sta tanto nella motivazione quindi, per la quale (tolte le sfumature  del diverso approccio) sono solitamente convergenti, bensì nella reazione successiva al rapporto.  Un uomo tenderà a non chiamare nuovamente la partner di quella notte -o a darle altre poche possibilità-, semplicemente accettando la mancanza di "alchimia".

Saprà inoltre riconoscere l'essenzialità di questo  elemento in un'eventuale coppia e molto raramente intraprenderà una relazione con quest'ultima.  La donna, schiacciata da secoli di abbassamento dell'autostima sotto ogni forma, con ogni probabilità si  porrà mille svilenti quesiti: "non sono bella?"; "ho fatto qualcosa di sbagliato?"; "avevo un cattivo  odore?"... Insomma, farà ricadere la colpa dell'uomo egocentrico a letto su se stessa.

Un meccanismo che  siamo solite ripetere in ogni ambito della vita, non solo in quello sessuale: "se lui fa così, il problema sono  io che".  Proprio per questa autoflagellazione, difficilmente una donna chiuderà i rapporti con un uomo egocentrico  a letto. Tenterà, al contrario, di migliorare la situazione e si scervellerà per trovare, -invano- ogni suo  possibile errore.

In fondo, siamo state abituate fin da piccole a dare scarsa importanza al sesso e ci è stato  insegnato che non è un metro di giudizio essenziale per una relazione... Lo stereotipo della donna con il  mal di testa, della donna che evita il sesso e che non ne è interessata è radicata dentro ognuno di noi.

Il sesso è un affare maschile: quante vignette ironiche riprendono una donna che si concede al marito solo  per farlo felice?! Concezione assai sbagliata da ambo le parti: non tutti gli uomini, infatti, amano il sesso e  ne fanno il loro pensiero principale.

Spesso noi donne non vediamo il rapporto sessuale per cosa è davvero: base essenziale di un rapporto  d'amore/un piacere irrinunciabile/ un modo di scoprirsi e stare bene. E, purtroppo, gli uomini egocentrici  sono moltisimi, proprio di riflesso a questi stereotipi e a questa nostra alienazione sessuale. 

La cultura occidentale ecclesiastica ci ha impedito un'educazione sessuale sana che ci potesse permettere  di conoscerci e lasciarci andare: secondo l'Osservatorio di Tradapharma, il 73% delle donne italiane non  raggiunge sempre l'orgasmo e il 20% non lo raggiunge nell'arco di una vita.

Scarsa conoscenza del proprio corpo, insicurezza costante sul proprio fisico causata dai media, giudizio  negativo sulla libertà sessuale: mischia tutto, agita bene e otterrai il motivo per il quale una donna si  accontenta di un partner egocentrico.

Se un uomo non ci desidera, se il partner ci rifiuta, non ci tocca o persino ci maltratta, ecco che la nostra  bassa autostima si rompe del tutto e siamo portate a giustificare l'uomo, che nello sterotipo collettivo è  fissato con il sesso e il corpo feminile: siamo sicuramente noi a non essere abbastanza se non ha l'istinto  di farci provare solo piacere.  NO: impariamo dagli uomini e cambiamo partner.
Non sei tu donna a non andare bene. Al massimo dovrai sforzarti di conoscerti meglio ed eliminare quel  pudore che hanno tanto provato a radicare in noi, questo sì. Ma per il resto, sei perfetta così come sei!  Se lui non ti fa sesso orale, se non ti tocca, se pensa solo al suo di piacere, è semplicemente un uomo  egocentrico e dovresti provare pena per lui, perché non assaggerà mai la bellezza di un rapporto d'amore  in cui il più gran piacere è far godere il partner.
Non è quel chilo in più, quel pelo che ti è sfuggito, una  tua presunta mancanza di sensualità o la tua pelle. È lui che non funziona, non sei tu. Vuoi tentare prima la via del dialogo? Ti è capitato un uomo simile, ma è straordinario sotto ogni altro  punto di vista? Sei libera di provare. Ricorda, però, che un uomo egoista a letto, che non ha tabù specifici  di cui ti ha parlato, lo sarà sicuramente anche nella vita. Un uomo che vede il tuo corpo come mero    specchio del suo piacere, non potrà mai darti l'amore che cerchi.
E se ti è appena capitato e ti stai facendo qualche assurda domanda come quelle sopra descritte... Smettila  ora, guardati allo specchio e ricorda a te stessa che sei bellissima e che non è il rifiuto di una persona,  sotto qualsiasi forma, a essere il metro di valutazione del tuo valore.
Dobbiamo smettere di salvare tutti e non salvarci mai. 

Fatti questa promessa per il 2020: sii fiera di te stessa e amati per come sei davvero, perché sei una donna  meravigliosa, che merita il massimo. Sì, anche del piacere.

Isabella Rosa Pivot

venerdì 20 dicembre 2019

Il Giardino di Lilith: il Potere della Seduzione

Lilith è Donna. È un aspetto - o più - del nostro carattere. È irriverenza verso un sistema che deve cambiare



Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Nel gioco della seduzione etero ci viene spesso assegnato lo scettro di regine.
E ci pare pure un grande onore.  È consuetudine pensare alla donna come la detentrice del potere: è a lei che spetta la decisione finale. Nell'immaginario collettivo maschile, l'uomo è la parte costretta ad agire, a rischiare un'umiliazione; quella che spende e si impegna maggiormente.
Possiamo davvero ritenere corretta quest' affermazione, in particolare nel 2019?  Sono effettivamente le donne quelle che "controllano" l'attrazione?
Perché se così fosse, la reale vittima, colei che "subisce" la seduzione non è di certo la controparte maschile, bensì la donna, relegata ad una reazione ed eventuale valutazione a posteriori. Apparentemente l'uomo è la parte che assume maggiori rischi e con meno probabilità di riscontri effettivi; ma sarebbe comunque l'attore principale, spacciandosi per colui che crede solo di esserlo sotto volontà femminile.
"Se la donna si lascia sedurre, è lei che ha deciso": è un evidente controsenso, dato dalla passività stessa del verbo. Siamo una sorta di cancello che "si concede" e "si apre" a colui che vuole entrare?!  Noi offriamo semplicemente al miglior proponente.
Il cavaliere prende, a seconda del valore che LUI decide di dare all'offerta, in una mera asta genitale e/o amorosa, che ci eleva ad opere d'arte solo per non farci sentire meri oggetti da essere messi in mostra (quali siamo secondo tali presupposti). Noi accettiamo, ci accontentiamo in base alle offerte, al massimo rifiutiamo.
Eppure, se ben analizziamo la parte pratica relativa al gioco seduttivo, non è difficile scorgere una parità di impegno. Tenendo come unità di misura il corteggiamento tradizionale, tanto caro ai nostalgici e pur sempre apprezzato dalle donne d'istruzione cinematografica romantica, l'uomo è colui che paga la cena e/o offre il bere, cornice nella comunicazione selettiva; da buon cavaliere, si occupa degli spostamenti della donzella nel periodo concordato e si propone nei passi essenziali d'approccio (es. invito-luogo-bacio).
Una spesa economica che agli occhi di molti uomini risulta spesso, se poco onerosa, la causa di di una mancata considerazione successiva. Già a questo punto andrebbe aperto un discorso: difficilmente gli uomini dubitano di un'assenza d'interesse dovuta alle argomentazioni utilizzate; ma non è il momento di parlare di queste finiture.
Nel medesimo quadro, in pochi però - e molto spesso le donne stesse- considerano i costi a carico della donna a cui simili appuntamenti sono cari: abbigliamento, trucco, parrucchiere, estetista. Resistenza emotiva per non rischiare un brutto giudizio successivo. Isteria nervorsa per la posa passiva assunta.
Potrebbe apparire una considerazione assolutamente sessista: una donna relegata al ruolo di donzella che mira ad attirare a se gli occhi del suo spasimante, spendendo cifre futili. Potrebbe, perché è semplicemente la comune realtà e non una critica dall'alto. Accettarla è il primo passo per un cambiamento. E con accettazione intendo anche la considerazione che possa essere un'opzione femminista: una donna è giusto che sia romantica e femminile. Proprio come è libera di non esserlo.
Come "aggiustare" dunque una simile fastidiosa piega offensiva? Rivoltando il concetto.   L'uomo che corteggia, non ci compra: non ci facciamo belle per lui, ma per noi stesse. Ogni singolo giorno. Lui per primo dovrebbe corteggiare per il piacere di farlo e non per costrizione o assumendo che sia scontata una "ricompensa".
Non siamo le vittime del gioco di seduzione, scaraventate da un invito all'altro, relegate nell'attesa d'una considerazione che dia paglia alla nostra autostima bruciante ad ogni fallimento. Non siamo finte Regine, sedute e pronte ad essere comprate da un Re che ancora non è giunto.  Siamo parti attive della conquista. Siamo i cavalieri che si propongono, con la femminilità e il livello di discrezione che ognuna sente necessariamente proprio. Abbiamo molto da offrire, ma vogliamo ricevere tantissimo.
Dobbiamo voler ricevere moltissimo. 
Non siamo costrette ad essere grate ad ogni complimento o attenzione, ma nemmeno pretendere che ci vengano offerti: non siamo mendicanti dei sentimenti.  La seduzione deve essere un abile gioco a due di finto scambio di potere, solo per il piacere di perdere il controllo.  Perpetriamo nell'accusare i mezzi, senza renderci conto che è spesso il fine che li determina e giustifica.
Essere femminista, essere una donna fiera che pretende pari dignità, non deve significare per forza rinunciare al romanticismo, al corteggiamento o alla seduzione come da sempre considerata. Può valere per alcune donne: pari diritti significa anche libertà di vivere le nostre emozioni come meglio riteniamo. Come può valere lo stesso ragionamento per la controparte maschile: non ogni uomo deve sentirsi costretto ad assumere un ruolo che non gli appartiene e noi per prime dobbiamo rispettarlo e cercare altrove se lui non corrisponde ai nostri canoni comportamentali.
Però, dobbiamo avere ben chiaro che non siamo oggetti all'asta e, in quanto gioco, il corteggiamento richiede ruoli attivi da entrambe le parti. Non comandiamo, ma nemmeno subiamo la conquista.  Non accettiamo un'offerta, ma proponiamo un baratto dal valore particolarmente alto.  Non siamo regine e loro cavalieri o re; al massimo, possiamo metaforicamente identificarci in due ballerini.
E, nel caso scegliessimo di essere la parte che si fa condurre, dobbiamo sempre avere bene a mente che è una scelta effettuata esclusivamente al fine di rendere il ballo armonico e piacevole...
D'altronde, da solo e senza consenso, l'uomo non potrebbe certamente danzare.
(Articolo pubblicato originariamente su www.valledaostaglocal.it)
Isabella Rosa Pivot