Spleengate

giovedì 11 giugno 2020

IL GIARDINO DI LILITH: Maschilisti in incognito

Ma chi è Lilith esattamente? È una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica. Nella religione mesopotamica, Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazie e malattie. Per gli antichi ebrei, invece, era la prima moglie di Adamo (antecedente ad Eva): fu ripudiata e cacciata dal Giardino dell'Eden, poiché si rifiutò di obbedire al marito che pretendeva di sottometterla.Alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con la crescente emancipazione femminile in occidente, Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile.
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Maschilisti in incognito
Secondo Wikipedia, con “maschilismo” si identifica un “atteggiamento o forma mentis, basato sulla  presunta superiorità dell’uomo nei confronti della donna”.  La breve definizione ben delinea il concetto, esaltando il fatto che la presunzione di base non si estende  alla sola azione, bensì anche e prima di tutto al pensiero.
Talvolta, prevalentemente al pensiero.  Ed è il caso che andremo ad analizzare in questo articolo.  Esistono, infatti, molti maschilisti in incognito: sono uomini – ma, ahimè, anche donne spesso –,  solitamente colti, che apparentemente difendono la legittima parità tra i sessi, ma senza crederci davvero  interiormente. Taluni incosciamente – forgiati nella crisalide di un’educazione retrograda, che gli studi e  la vita non sono riusciti a scalfire fino in fondo - , altri razionalmente consapevoli della contraddizione  che li attanaglia.  Se i primi si lasciano sopraffare da piccoli comportamenti e/o frasi sessiste, senza riconoscerne i risvolti  gravi e contradditori, i secondi optano per una maschera particolarmente pesante, ma pur sempre meno  faticosa da indossare rispetto all’autoanalisi e all’evoluzione personale.
Bisogna sottolineare che questi uomini si rendono conto della stupidità del concetto di maschilismo, come  anche del giudizio negativo che li avvolgerebbe, nel caso in cui ammettessero i loro pensieri più profondi.  Il problema è che proprio non possono fare a meno di partire dal presupposto maschilista in ogni  approccio: come un drogato che sa di farsi del male, ma che non può comunque rinunciare alla sua dose.  Il presuppusto fondamentale è che, appunto, pensano che sostenere la parità sia conveniente, non la cosa  più giusta e migliore anche per loro.
I maschlisti in incognito sono quel perno nascosto della catena che ci lega al sistema patriarcale.  Doppiogiochisti, sono loro ad impedire la reale svolta, ormai più che necessaria: per creare una tale  contraddizione infatti, bisogna essere detentori di sufficiente cultura per riconoscere l’erroneità nel  palesare un simile pensiero e sono soliti ricoprire cariche fondamentali. Sono i maschilisti in incognito, i  primi ai quali dovremmo dedicare i nostri sforzi nella lotta di genere, non solo perché altrimenti  continuerebbero a vanificare ed a rendere debole – od anche nullo – il messaggio, ma soprattutto perché  paradossalmente, sono tra i maschilisti che hanno fatto un passo in più verso la comprensione.  Come li si riconosce?  Ebbene, è assai complesso, poiché fanno di tutto per non farsi scoprire. Sono la versione sofisticata del  “Io non sono razzista, MA...”.
Un primo indizio può essere dato da alcune affermazioni, delicate alle orecchie più abituate al sistema,  che lasciano trapelare un “fastidio” verso la considerazione paritaria.
Alcuni esempi:  - “Non sai cucinare?!” (con tono sorpreso e ironico) 
- “Le donne devono sapere di profumo, non di sigarette ed alcool/... Devono, devono, devono” 
- “Le donne nascono per essere madri”
- “Guarda che se fai così, passi per una facile. Te lo dico per il tuo bene”  - “Lascia stare, ti faccio vedere io”
- “Ovvio che se quella mette certe foto, se le cerca anche...”
- “Era sversa, aveva il ciclo probabilmente” 
- “La parità è necessaria, però secondo me il mantenimento dei ruoli è essenziale: siamo diversi”(  uguaglianza nei diritti e nelle libertà, non presuppone aspetto e pensieri uguali)
- “Sei pazza” (quando la donna si arrabbia. Per lui, lei non prova ira, diventa solo isterica)  Un secondo indizio è dato dall’approccio relazionale: se ad essere un maschilista in incognito è uomo, sarà difficile per lui mantenere relazioni stabili e durature; se non addirittura intraprendere una rapporto. 
Si sente di “altri tempi”, un’affermazione che gli sentirete usare spesso e che rivela davvero il suo sentore  interno, seppure espresso in forma diplomatica: “non mi sento a mio agio con la ritrovata libertà  femminile, perché non sono in grado di gestirla. Ho un’immagine di me costruita sulla facilità data dal  mio totale controllo e privo di confronto”, è questo che stanno realmente affermando.
Spaccerà galanteria provvisoria e possessività estrema per atti di amore; darà per scontato azioni che non  lo sono per nulla, come la liceità della sua libertà totale a discapito di quella della partner, o la necessità che sia lei a occuparsi delle faccende di casa. Il tutto avverrà con discrezione, senza necessità di comandi  o parole evidenti.
Un maschilista in incognito, non vi solleciterà mai a fare la lavatrice... Farà  semplicemente in modo di non riuscire mai ad occuparsene, eviterà di imparare a farlo, schiverà in  silenzio, cosicché la donna sia portata nella direzione voluta senza ch’ella se ne renda conto e si senta  comunque appagata dai suoi ringraziamenti saltuari. Un maschilista in incognito ha spesso difficoltà a  letto: deve mantenere il controllo e se non sentirà la sua posizione come dominante, non riuscirà a sentirsi  soddisfatto.
Queste sono solo alcune delle caratteristiche del maschilista in incognito.  Come possono cultura e maschilismo convivere? Non ha senso, potrebbe ribattere il lettore a questo punto  dell’articolo.
Vi ricordate il caso del fisico Alessandro Strumia, che ha pubblicamente affermato la sua discriminazione ai danni delle donne nella fisica? Ebbene, non si può certo dire che Strumia non abbia cultura. Quest’ultima, infatti, non ha nulla a che fare con l’intelligenza, sopratutto quella emotiva.
Il maschilismo, come ogni forma d’odio in generale, scaturisce dalla paura e dall’insicurezza e non solo dall’ignoranza. È  la bassa autostima a far pensare a questi uomini che un partner soggiogato e inferiore sia meglio: il  confronto obbliga a mettersi in discussione, confida nell’accettazione da parte dell’altro. Paura di non  essere all’altezza, che necessita quindi di un ruolo definito e dai contorni molto netti per evitare che  prenda il sopravvento. La libertà di essere, porta incertezza.
D’altronde, se la virilità viene identificata attraverso canoni esclusivi, come può un uomo sentirsi virile se  resta casa a tenere i bambini, mentre la moglie fa la scoperta di fisica quantistica del secolo?  Il maschilista in incognito ha paura di se stesso, prima ancora delle donne e fintanto che non saranno  portati a un’analisi interiore più profonda, anche la lotta per la parità sarà vana, poiché lasciata alla difesa  di soldati in panchina che tifano silenziosamente per il 
nemico.
Parlano di giustizia, per poi optare sempre per la strada opposta... Quella più facile, perché conosciuta, ma decisamente meno felice.

Isabella Rosa Pivot
(Pubblicato originariamente su www.valledaostaglocal.it)

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